Sunday, February 25, 2007

ma perchè dovrebbe aver voglia di raccontarmela?

sedile dell'autobus, l'ultimo in fondo. vicino al finestrino, borsa sulle ginocchia, una persona invecchiata.
io mi siedo a lato.
calze di lana che arrivano al ginocchio, scure. sopra la gamba è pelosa e nuda, almeno fin dove mostra il trapuntino blu chiuso addosso. ha un odore fortissimo, sudato e sporco.
non voglio che quell'odore mi allontani, voglio farlo scomparire ma resta. io gli sorrido in faccia.
senza scomporsi il passeggero fruga in una borsa grande quanto la metà di una ventiquattrore. prende una lima, si liscia un'unghia, movimenti veloci, consumati. al capolinea non si alza. forse sta viaggiando da oltre un'ora per la città.
io devo scendere. io scendo.
io vorrei conoscere la sua storia, di omosessualità forse, di miseria forse, di banalità comune, forse.
ma perchè dovrebbe aver voglia di raccontarmela? cosa consentiva a diane arbus di fotografare i volti sommersi della società? come mai posavano davanti a lei? avevano una repressa voglia di esibirsi o li ha portati lei ad attribuire importanza ai suoi scatti?

avanzo un'ipotesi: L'affinità. la fotografa era interna al loro ambiente, li frequentava, li capiva. era al massimo delle sue possibilità parte del gruppo. e a loro lei piaceva.
e quelle persone non erano già abbondantemente ritratte, l'interesse alla loro diversità non era inflazionato. forse era perfino negato.

la ricettività dei soggetti e una possibile frequentazione, l'antropologia si confronta con la medesima necessità di condizioni.
bene dirlo subito: una ricerca etnografica può far soffrire. è possibile che un incontro non avvenga e si documenti proprio la difficoltà di un contatto, un dialogo compromesso da appartenenze geografiche in conflitto, da dislivelli di genere, da stereotipi di qualsiasi idiozia. anche essendo ben intenzionati si può vivere una frustrazione e alcune curiosità restano oscure, alcune appartenenze non sono accessibili, alcuni scatti rimangono vietati.

la scelta del soggetto e l'analisi della sua disponibilità a rivelare, a partecipare alla ricerca, sono spinose e inevitabili. i gruppi possono ribellarsi alle ricerche perchè li fanno sentire esotici, i gruppi possono negare l'accesso secondo parametri razzisti. i gruppi possono farsi beffe del tuo interesse e provare a sfruttarlo. accettare la sfida sta a te. la sfida mi sembra consistere nel sopportare gli atteggiamenti che vorresti diversi molto più del provare a cambarli davvero. chiediti: documentare a che distanza sta dal desiderio e dal tentativo di cambiare qualcuno? perchè mi sono concentrata su questa ricerca?

l'antropologia può sempre di più ricordarsi di chiedere il permesso e la collaborazione dei suoi oggetti di studio. il loro assenso li rende coautori di un'etnografia. il loro rifiuto libera una tensione che può essere documentata, fotografata, odiata. però non ignorata perchè sta al centro dell'obiettivo.

1 Comments:

At 5:56 PM, Blogger LoiZ said...

SE IO FOSSI SEMPLICEMENTE CURIOSA, MI SAREBBE ASSAI DIFFICILE DIRE A QUALCUNO: "VOGLIO VENIRE A CASA TUA E FARTI PARLARE E INDURTI A RACCONTARMI LA STORIA DELLA TUA VITA". VOGLIO DIRE CHE MI DIREBBERO:" TU SEI MATTA". E IN PIù STAREBBERO SULLE LORO. MA LA MACCHINA FOTOGRAFICA Dà UNA SPECIE DI LICENZA. TANTA GENTE VUOLE CHE LE SI PRESTI MOLTA ATTENZIONE, E QUESTO è UN TIPO RAGIONEVOLE DI ATTENZIONE DA PRESTARE.

dIANE aRBUS

 

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