Sunday, April 20, 2008

zona fragile

esco un attimo di casa e mi compro da mangiare la cosa in assoluto che mi fa più male, quasi suicidando le pieghe del mio intestino, uccidendo il mio respiro non affannato. mi sorprendo a considerare la sensualità dei ragazzi turchi dietro al bancone, la meraviglia del loro dire "via" intercalare, alla toscana. e seguo la luce fino in via cavour, elaboro l'idea che la primavera sia la stagione migliore per vivere firenze, con il clima tiepido per andare in bici, fabbrica europa, piazza santo spirito che si riempie. come sarebbe vivere qui per 4 mesi l'anno e poi via, fare documentari altrove, lavorare in un continente inverso. attraverso la strada con la strana sensazione di aver già consumato quella prospettiva, che quella zona smetterà di essere mia dopo il picco raggiunto.
e poi istintivamente scelgo lo scalino all'ingresso della facoltà per sedermi, per aprire il libro che voglio leggere. dall'esterno penso di essere sempre la stessa, malata di libri, che ci ficca il naso e si piega comoda capitolo dopo capitolo.
la porta aperta della facoltà viene chiusa dal prof de marco. con quela sua gentilezza infinita si scusa per avermi chiusa fuori, ma io non dovevo entrare, grazie, lo rassicuro. si allontana e mi vien voglia di piangere, di vibrare intensamente delle emozioni che mi appaiono in mente. e invece non piango, ma resto accesa. passa una signora che confessa al telefono di essersi persa, e ride. e io la sento. quando vengo via passo da via san gallo e mentre ci passo accanto, sento scattare un apriporta. continuo due passi e poi mi volto per vedere chi esce: un signore che sembra un chierichetto delicato. i suoi abiti sono neri, tranne la virgola bianca di un colletto.